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Divina Commedia - Purgatorio - Canto XIV - Riassunto
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Il secondo canto dedicato agli invidiosi si apre con un dialogo fra le anime di due nobili romagnoli, vissuti nel secolo XIII, Guido del Duca e Rinieri da Calboli. Il primo, avendo notato che Dante è ancora vivo, lo prega di rivelargli la patria e il nome: il Poeta, per mezzo di una lunga perifrasi, spiega che la sua città di nascita è situata lungo le rive di un fiumicel che per mezza Toscana si spazia, ma tace il suo nome che non è ancora sufficientemente conosciuto. Guido del Duca pronuncia contro gli abitanti delle località (il Casentino e le città di Arezzo, Firenze e Pisa) percorse dall'Arno una dura requisitoria, accusandoli di avere abbandonato ogni virtù e, di avere trasformato la valle del fiume in un covo di malizia. Per sottolineare la gravità della degenerazione dilagante in questi luoghi, il romagnolo inizia una fosca predizione intorno al nipote di Rinieri, Fulcieri da Calboli, che tiranneggerà la città di Firenze spargendovi il terrore. Dopo aver confessato il proprio peccato e dopo aver rivolto una breve apostrofe all'umanità che si lascia traviare dall'invidia, Guido, nell'ultima parte del suo discorso, ricordata la corruzione presente della Romagna, rievoca con nostalgia e rimpianto il tempo passato, nel quale le virtù, il valore e la cortesia guidavano la vita di ciascuno. Quando i pellegrini riprendono il viaggio, voci misteriose ricordano due esempi di invidia punita.
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